scritto da  il 09 Gennaio 2020

 

C’è un profitto che non si monetizza. Non fa fatturato, non entra nei bilanci e non è quotato in Borsa. Eppure pesa come un macigno nelle relazio

ni In fabbrica e in ufficio, fa la differenza in riunione e nelle pause caffè, crea benessere cementando lo spirito di gruppo. E non ultimo mette in moto un circolo virtuoso che dall’azienda arr

iva fino alle case dei dipendenti nelle loro consuetudini familiari.

E’ il valore aggiunto offerto dai corsi anti-stereotipi che da qualche tempo sono approdati in alcune imprese italiane e multinazionali. Come il colosso american

o Caterpillar, un marchio che nel 2018 ha fatturato la bellezza di 55 miliardi di dollari e che sforna macchine da miniera e da costruzione, motori, turbine e locomotive. Con una forza lavoro

di 104mila dipendenti sparsi in tutto il mondo, il gigante delle ruspe ha aperto le porte dei suoi stabilimenti a “Better Place”, un progetto di formazione nato un anno e mezzo fa ma che già si sta imponendo nelle realtà imprenditoriali illuminate. In Caterpillar il primo esperimento risale a qualche mese fa: 120 operai hanno abbandonato per 2 ore la catena di montaggio e si sono dedicati a un corso dove hanno ascoltato parole  come “rispetto”, “tolleranza”, “consapevolezza”. 

Il team di formatori di “Better Place” ha spiegato cosa sono gli stereotipi di genere, come si comunica negli ambienti di lavoro, cosa significa usare un linguaggio rispettoso nei confronti delle donne, cos’è una molestia, perché è importante cambiare la propria percezione del rapporto con l’altro sesso. In azienda e anche a casa: con mogli, figlie e nipoti. “Perché la fonte degli stereotipi di genere spesso è semplicemente la mancanza di consapevolezza”, spiega Luisa Rizzitelli, ideatrice e fondatrice del progetto. “Non è questione di maschilismo, è proprio faccenda che riguarda la mancanza di strumenti e il poco tempo che riusciamo a dedicare a una riflessione più profonda sulle relazioni tra i sessi”, aggiunge.

E a guardare i risultati dell’incontro con le tute blu sembra davvero così. Il 94% dei partecipanti ha dichiarato che corsi di questo tipo aiutano a instaurare migliori relazione tra colleghi e a migliorare i rapporti personali fuori dal posto di lavoro. Non solo: il 98% si è detto convinto che l’iniziativa è particolarmente adatta a un uomo. Anche se qualcuno ha fatto notare che “questo corso lo dovrebbe fare anche la mia compagna in quanto donna molto maschilista”. Altri si augurano “che tutte le persone del corso abbiano preso consapevolezza del problema” e chiudono con “viva le donne!”.

”La partecipazione di tutti è stata commovente – dice Sara Alberghini, development manager di Caterpillar e responsabile del corso in azienda – l’attenzione massima durante tutto il corso, non un cellulare, non una distrazione, non uno sbadiglio ma mani alzate, commenti spontanei, dialogo e confronto aperto”. L’esperimento è stato replicato con altri 200 dipendenti di Caterpillar, questa volta manager e personale amministrativo per 24 ore di formazione spalmati in 6 giornate da 4 ore ciascuna. Inoltre è previsto un altro ciclo di 8 ore dedicato agli impiegati degli uffici per un approfondimento del tema dell’8 marzo. “Siamo orgogliosi – spiega  Alberghini – di essere i primi in Italia a iniziare in questa maniera una formazione del genere, in Caterpillar lavoriamo con la convinzione di avere un ruolo nella costruzione di un mondo migliore, come dice uno dei nostri statement”. Il modulo “Better Place” non si limita però a scardinare gli stereotipi sessisti che caratterizzano le relazioni tra colleghi. A manager e quadri viene offerto un approfondimento sulla normativa. E cioè sulle responsabilità civili e penali delle molestie e dello stalking sul posto di lavoro. La parola chiave però è prevenzione: saper riconoscere il disagio prima che diventi abuso, molestia e violenza.

I formatori di “Better Place” hanno già conquistato le aule della Regione Marche, di Confindustria Emilia Romagna, Confapi e di Markas, azienda del Nord. Ora anche Enav è interessata. “Fino a 5 anni fa sarebbe stato impensabile portare in azienda questi temi: per molte imprese dare spazio a corsi come questi equivaleva a un’ammissione di colpevolezza, il riconoscimento che tra le mura delle proprie fabbriche e uffici esisteva un problema con le dipendenti: oggi per fortuna non è più così, è cambiata la sensibilità e ospitare la formazione anti-stereotipi è vissuta in positivo”, racconta Rizzitelli. Ma la strada è ancora lunga: “Il 20-30% delle aziende che contattiamo non è interessata, si gira dall’altra parte, forse ritenendola una formazione di cui si può fare a meno, eppure il movimento americano  #Metoo qualcosa ha insegnato anche a noi”.

E insomma, sembra banale ma non lo è: stare bene in azienda fa produrre di più e meglio, abbatte malattie e assenze, crea un clima di lavoro felice. Eliminare gli stereotipi dietro le scrivanie o alla catena di montaggio favorisce tutto questo. E allora cosa manca? “E’ una grande occasione che andrebbe colta al volo dove c’è, e quindi non solo in “Better Place” ma in tutti i progetti analoghi – conclude Rizzitelli -. Le grandi associazioni, a partire da Confindustria devono spingere su questi temi: fa bene a tutti, aziende e dipendenti”.

 

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